GEN. B. GALVALIGI TRUCIDATO DALLE B.R.

Gen. B. Galvaligi trucidato il 31 dic. 1980

così, tanto per non dimenticare un cittadino italiano, un Carabiniere coraggioso e onesto barbaramente e vigliaccamente trucidato dalle Brigate Rosse il 31 dicembre 1980 ... G.B. dei Carabinieri ENRICO RIZIERO GALVALIGI.  (Da FB di Meinaro Max Massimo)
Enrico Riziero Galvaligi (SOLBIATE ARNO, 11 ottobre 1920 - ROMA, 31 dicembre 1980) è stato un Generale dei Carabinieri, ucciso dalle Brigate Rosse durante gli anni di piombo.
Medaglia d'Oro al Valor Civile alla memoria.
Suo padre, Paolo, era un operaio e aveva sposato una donna di Brinzio (VARESE).
Dopo essersi diplomato all'Istituto Magistrale di VARESE, Riziero decise di intraprendere la carriera militare nel 1939.
Tre anni più tardi, all'età di 22 anni, entrò a far parte dell'Arma dei Carabinieri.
Durante la Seconda guerra mondiale combatté in GRECIA, dove in maniera eroica salvò la vita ad un comandante dei Carabinieri.
Dopo l'8 settembre 1943, decise di non aderire alla Repubblica Sociale e fu quindi arrestato dai tedeschi e trasferito nel carcere di TRIESTE.
Riuscì fortunatamente a fuggire dalla prigione pochi giorni prima della deportazione in GERMANIA, ritornando quindi nella zona delle PREALPI VARESINE, dove iniziò ad operare come partigiano.
Stabilitosi a BRINZIO, Riziero conobbe Federica Bergami, una donna di origini bolognesi, sfollata dall'EMILIA con i suoi familiari, che sposò nel dopoguerra.
Da lei avrà un figlio, Paolo, anch'egli divenuto in seguito Ufficiale dei Carabinieri.
Durante tutto l'arco della sua vita il Generale ebbe un rapporto speciale con BRINZIO: nella sua casa, situata in via Vittorio Veneto, in mezzo al paese, Riziero veniva a trascorrere i momenti di riposo dal lavoro.
Tutti i brinziesi che ebbero modo di conoscerlo ne serbarono un buon ricordo.
Don Serafino Faletti, parroco del paese dal 1955 al 1996, disse di lui: "Per noi era una figura gigantesca, un esempio di vita. Gli volevamo bene, e non tanto perché fosse un personaggio importante, ma in ricordo di tutta la sua vita, a partire da quando, giovanissimo partigiano, si adoperava in tutti i modi per proteggere la sua gente dagli orrori della guerra civile".
Alla fine della guerra Galvaligi fu insignito di numerose decorazioni per il valore dimostrato.
Il 9 dicembre 1947 fu decorato con una Medaglia d'Argento al Valor Militare per un episodio che lo vide coraggioso protagonista nell'aprile 1943 con la seguente motivazione:
«Durante un'azione di rastrellamento contro ribelli armati in terreno difficile e insidioso, cui aveva chiesto di partecipare volontariamente, sorpreso con pochi uomini dall'imboscata di un nucleo avversario, si spingeva innanzi da solo arditamente, riuscendo ad uccidere il capo della banda che tentava di sopraffarlo. Nell'aspro conflitto che ne seguì dimostrava intrepido valore, dando valido apporto, con l'aiuto di rinforzi sopraggiunti, alla sconfitta dei ribelli costretti alla fuga dopo aver subito ulteriori perdite. Licavizza Media di Chiapovano (Gorizia), 30 aprile 1943»
Nel 1949 egli conobbe a ROMA il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, del quale diventò buon amico. Durante gli anni cinquanta, sessanta e settanta Galvaligi fu dislocato ad operare a ROMA, a PALERMO, a TORINO e poi di nuovo a ROMA, collaborando spesso col Generale Dalla Chiesa e ricevendo continue promozioni fino ad essere promosso Generale di Brigata.
Dalla Chiesa lo volle al suo fianco, nominandolo Vice Comandante del Coordinamento dei Servizi di sicurezza per gli istituti di prevenzione e pena, incarico mantenuto poi alle dipendenze del Generale Renato Risi, che aveva sostituito Dalla Chiesa nell'incarico. La sua mansione consisteva infatti nel coordinare la sorveglianza delle carceri di massima sicurezza dove erano detenuti i più pericolosi terroristi d'Italia, tra cui i penitenziari di TRANI, FOSSOMBRONE, l'ASINARA, NUORO e CUNEO.
Nel dicembre del 1980 il Generale Galvaligi si occupò di dirigere, da ROMA, un'operazione delicata: in seguito a una rivolta scoppiata nel carcere di TRANI per mano di alcuni esponenti dell'eversione armata, egli ordinò ai GIS, un reparto speciale dei Carabinieri, di stroncare la sommossa con un blitz, che si concluse senza spargimento di sangue.
I terroristi decisero quindi di vendicare quella sconfitta e di attaccare l'importanza simbolica dell'incarico che Galvaligi ricopriva.
Pochi giorni dopo, esattamente il 31 dicembre 1980, Galvaligi fu ucciso nell'androne del palazzo ove risiedeva a ROMA, da due terroristi delle Brigate Rosse, Remo Pancelli e Pietro Vanzi, che si erano finti fattorini di un corriere espresso, arrivati a recapitare una strenna di Capodanno. Il comunicato di rivendicazione collegava l'assassinio al sequestro del giudice D'Urso.
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